Bonaccini è Presidente.
Questa la notizia principale a seguito dello scrutinio delle votazioni appena concluse in Emilia-Romagna. Una prassi ormai per una Regione da sempre governata dalla sinistra e che per altri cinque anni continuerà in linea con la propria storia. È stata una lunga campagna elettorale fatta di bassi colpi (ormai una costante) e duri scontri. Il dato che emerge è appunto una vittoria da parte della coalizione di sinistra che a molti osservatori è parsa schiacciante ma che a mio avviso comunque da adito a considerazioni più profonde. La Lega è un partito forte e lo si intuisce dal fatto che sia riuscita ad entrare in tante menti (oserei dire panze) di numerosi emiliani romagnoli. La partita non è mai stata così in bilico come in quest’ultima votazione. L’esito rassicura Palazzo Chigi che saggiamente non ha mai voluto trasportare la disputa nazionale in quella regionale ma che agli occhi di tutti i professionisti del mestiere era lampante. Talmente evidente che verosimilmente i rapporti di forza tra le fila del governo cambieranno radicalmente soprattutto alla luce di un M5S defunto (e chi lo avrebbe mai detto a solo un anno di distanza dal 33% nazionale).
Zingaretti con il benestare di Bonaccini è stato abile nel non voler trasportare il simbolo PD in una bagarre che avrebbe sicuramente perso contro una forte e sempre ascendente Lega. Da parte della lista di coalizione di sinistra è stata condotta una buona campagna elettorale fatta di tanti contenuti e forte dei traguardi precedentemente raggiunti con la passata legislatura. Che piaccia o meno, l’Emilia-Romagna è un modello virtuoso ed improprio in questa sede sarebbe non attribuire meriti (ovviamente non tutti) anche al passato e futuro Presidente di Regione Stefano Bonaccini. In Emilia-Romagna i dati economico/sociali sono ottimi oltre a vantare una qualità della vita molto al di sopra della media nazionale. Ed è stata questa la forza del PD: non puntare sulla propria immagine, ancora da risanare, ma su un amministratore capace e valido come Bonaccini.
A sinistra c’è stata per una volta una guida, un leader chiaro e risoluto che non si è fatto travolgere dai conflitti interni ed esterni. Ed è proprio su queste basi che ad avviso di chi scrive dovrebbe poggiarsi il nuovo partito di Zingaretti: non aver paura di istituire un leader (parola che non cozza con il sostantivo democrazia) che detti una corrente e che non si faccia trascinare da essa. Allo stesso modo, essendo la candidata Borgonzoni molto meno qualificata e competente dell’avversario, la coalizione della Lega ha saggiamente adottato ahimè l’atteggiamento opposto: Capitan Matteo all’arrembaggio! E via con il ripetersi del “mantra” immigrazione, spaccio e sicurezza. Borgonzoni quasi non pervenuta, come i suoi contenuti del resto. Ed è stato questo il pregio e allo stesso tempo il difetto che non ha permesso alla destra di sfondare il muro rosso emiliano romagnolo: la strategia di riportare la battaglia sul piano nazionale ha maggiormente giovato alla Lega di Salvini che alla lista Bonaccini, le pagliacciate del citofonare ad un tunisino random o riempire palazzetti emiliani con bergamaschi per mancanza di aficionados locali un po’ meno.
Fatto sta che la vittoria di Bonaccini è stata netta ma non devastante a dispetto dell’avversaria. Borgonzoni ha comunque vinto in quattro province (Piacenza, Ferrara, Parma, Rimini) su nove: in Emilia-Romagna c’è stata una partita fino al 90esimo minuto. Tant’è vero che chi scrive era convinto che questa tornata elettorale avrebbe premiato la lista destrorsa essendo scettico sulla portata elettorale che avrebbe portato il movimento delle #sardine. Eppure, la manifestazione spontanea di piazza anche se di poco ha avuto la meglio e questo è un bene per tutti: leghisti o piddini. Questa si chiama democrazia parola che non può prescindere da un altro sostantivo che tanto viene citato ma poi disconosciuto quando è l’avversario a farlo: partecipazione.
La libertà non è star sopra un albero|
Non è neanche il volo di un moscone|
La libertà non è uno spazio libero|
Libertà è partecipazione.
Seppur rimanendo scettico sui contenuti (se ci sono) protratti da Mattia Santori e compagni rimango comunque dell’idea che la piazza pacifica e non irruenta continui a rappresentare il vulnus della nostra democrazia. Un augurio al Presidente Bonaccini e ai suoi collaboratori per mantenere viva una terra che mi ha dato i natali e regalato un’opportunità, nella speranza che questa votazione sia un nuovo punto di partenza per continuare a migliorare la vita di tutti gli emiliano romagnoli.
EDOARDO CAPPELLARI