PERCHÉ SANREMO È SANREMO

Dato che Sanremo è sempre Sanremo possiamo lapalissianamente replicare con: non c’è mai un Sanremo senza polemica.

Ebbene, anche la 72° edizione del Festival dei fiori non è stata esente dalle più feroci critiche sempre e a prescindere da parte di compagini ben definite. Le macro fazioni nel quale si inserisce lo spettatore medio sono principalmente due: chi non guarda Sanremo perché si sente superiore e chi lo guarda perché è un Evergreen. Ed è proprio questa seconda categoria ad essere più interessante perché risulta la meno coesa delle due, anzi, al suo interno si divide in tre sotto categorie: gli iper conservatori, i moderati e gli iper progressisti. Un po’ come il Parlamento italiano del resto (tanto per ribadire che i nostri Onorevoli sono lo specchio della società).

Per i primi ogni elemento di novità disturba sempre e comunque quell’idea stereotipata da festival anni ’60 che la mamma Rai ha da sempre voluto mettere in scena. Tutto deve essere composto e in linea con l’idea di società “canonica”.

Massimo Ranieri

Per i secondi invece c’è una giusta via di mezzo che si interpone tra quello che è passato e quello che è presente.

Elisa

Gli ultimi invece sono l’altra faccia della medaglia dei primi: in pratica soffrono della stessa fobia ma al contrario. Ogni idea e trovata, pacchiana, blasfema o volgare che sia, è sempre ben accetta perchè l’importante è staccarsi dall’idea precedente.

Achille Lauro

Ed è forse questa categoria, che risulta la più ipocrita di tutte. Lo è ancora di più nel giudicare il monologo che ha portato Zalone in quest’ultima edizione. Questa terza categoria si definisce “aperta” ma in realtà lo è solo nei temi, nei tempi e nei modi che decide lei. Ed è per questo che il monologo di Checco dove prende apparentemente in giro i transessuali viene alla fine male interpretato sia dai conservatori (che lo elogiano perchè non l’han capito) sia dai “progressisti” che decidono a priori come debba essere trattato il tema transessualità. Il punto centrale di Zalone è stato invece sì quello di raccontare la solita storiella del transessuale che si prostituisce per far contento il popolino ma incentrando il tutto sul fatto che lo stesso popolino che schifa i transessuali ma in fondo ne è attratto sessualmente. Ed è proprio proseguendo nel monologo che il comico di Capurso prende la parte del transessuale che interpreta esclamando <<Eh alla fine sono io quello strano!??!>>. In casi come questi voglio spezzare una lancia a favore di quelli che sono contro il politically correct per il semplice fatto che ormai di determinati temi non si può parlare se non in un certo modo. E se non lo si fa, non è importante quello che si dice, ma si viene subito tacciati come omofobi, misogeni, razzisti, etc… Di fatti, in tutta risposta, una persona intelligente come Drusilla Foer ha commentato:

Ognuno è libero di esprimere con la sua arte il proprio pensiero, credo che quello di ieri sera sia un segno di civiltà

Dal punto di vista artistico, in ogni caso, secondo me è stato un Sanremo al passo con i tempi grazie alla presenza di Amadeus che ha saputo accontentare le tre categorie di pubblico. In effetti c’è stata una bella rappresentanza con il giusto connubio tra quelli che erano artisti in voga circa 40 anni fa e quelli che lo sono adesso.

Un ultimo punto. Più che prendersela con Zalone, Drusilla o con Lorena Cesarini alimentando sterili polemiche sarebbe il caso di portare a galla il grande tema su cui i social hanno taciuto.

Perchè deve esserci un presentatore con 5 donne diverse a sera e non si osa nemmeno pensare che nella prossima edizione avvenga il contrario?

Perchè Sanremo è Sanremo.

EDOARDO CAPPELLARI

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