È l’unica poesia che ho tenuto parzialmente a memoria in cinquant’anni della mia vita. Io, che di letteratura e discipline umanistiche non ne ho mai cavato una gamba. Ho sempre ammirato ed invidiato l’amico Carlo (al prufessor) che per ogni autore e ad ogni piè sospinto recita a memoria lunghi brani di opere o poesie.
Sto parlando del “Il 5 Maggio”, pregevole Ode scritta da Alessandro Manzoni nel 1921 , in occasione della morte di Napoleone Bonaparte (a soli 52 anni), in esilio sull’isola di Sant’Elena. La prima volta la imparai a pezzi alle scuole elementari, insegnatami dal mio grande e mai dimenticato maestro Amleto Mazzoni. Di lui mi ricordo anche le bacchettate quando si era discoli o indisciplinati, oltre il suo singolare modo di trattare ogni sigaretta prima di fumarsela fra una tabellina e l’altra. Altri tempi.

La monelleria era misurata in gravità, e dipendeva dalla posizione in cui veniva data la ramettata, con verga di legno ben stagionato: palmi delle mani, sedere, cosce (allora avevamo solo pantaloni corti in tutte le stagioni), e la più tremenda, sul dorso delle mani. Solo ora però mi rendo conto che ci metteva del suo nel calibrare la potenza della sferzata, altro indice di gradualità della gravità del fatto commesso, ma anche di una sua profonda magnanimità.
Io, per mia fortuna, ne presi poche, ma ricordo alcuni compagni che andavano a casa spesso con i rosacei solchi ancora segnati sulla pelle che contrastavano con il verde pallido spesso presente a livello delle ginocchia, sintomo di giocate nei campi e pochi lavaggi quotidiani. Pensate se qualche maestro o maestra di oggi ricorresse a questi metodi per incutere rispetto e disciplina! Gli avvocati e la magistratura avrebbero da lavorare parecchio. A quei tempi invece, i genitori, al nostro ritorno a casa sempre lento e a varie tappe perditempo, reagivano in modo diverso. Chiedendoci la motivazione della punizione subita e avendo di risposta le ingenue e sincere spiegazioni di noi figli-alunni, rispondevano: “ Ha fatto bene il maestro, io te ne avrei date di più!”.
Cambia la vita, cambiano i tempi !
Torniamo alla data odierna, ricorrenza della morte di Napoleone, 202 anni dopo.
Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro,…
Scritta di getto in soli tre o quattro giorni da un Manzoni commosso dalla conversione cristiana di Napoleone, avvenuta prima della sua morte, fu pubblicata sulla Gazzetta di Milano nel luglio 1821.

L’Opera ebbe una grande diffusione europea grazie a Goethe che la fece pubblicare su una rivista tedesca. Strano: gli ortodossi teutonici ebbero più sensibilità per il nostro autore di noi cattolici latini, sebbene fosse lo scrittore simbolo della cristianità italiana dell’ottocento. Tale Opera mi ha reso più dolce la figura di Napoleone, ma quando penso a tutte le opere d’arte trafugate nel nostro Bel Paese, sottratteci a man bassa, la rabbia mi monta dentro.
Ho rivisitato Palazzo Ducale di Mantova, fortunatamente poco prima del terremoto del 2012.
Rivedendo la magnificenza del Mantegna, ho contemporaneamente riassaporato l’amaro in bocca per il sacco perpetrato dall’Imperatore Francese nella nostra antica Casa Mantovana: quadri (alcuni addirittura tagliati per le loro dimensioni), arazzi ed ogni opera d’arte trafugabile. Così come in ogni paradiso artistico italiano. Per fortuna che la Camera Picta (degli Sposi) è realizzata in affresco con vari e strani limiti dell’ambiente, quindi inasportabile!

Tutto il poema è, secondo mia opinione, incentrato sui verbi “ cadde, risorse e giacque” che gli danno il significato della vita trascorsa, della caduta definitiva e dell’inizio del suo riscatto spirituale. Solo per quest’ultimo, da buon cristiano, assolvo nel perdono il perfido e insensibile condottiero conquistatore. Insensibile alla vita altrui, del nemico e anche dei suoi subalterni, ma molto sensibile agli odori delle donne, in particolare della sua preferita Giuseppina e della seconda moglie Maria Luisa. Non ho detto profumi, ho detto odori, e non a caso.
Anche in lui come in ogni uomo grande o semplice che sia, l’intelligenza, l’ingegno e la possanza si sono sempre mescolate con gli istinti del sacro animale uomo. Adottava sia in battaglia che in amore, “la tattica senza schemi”. “On s’engage partout et après on voit” (“impegnamoci in ogni dove, e poi si vedrà”): sue parole. Cioè, faceva precedere un “tasteggiamento” tattico e geniale su tutta la linea del fronte, cui seguiva l’azione conclusiva, decisa al momento, a seconda della condizione che si era creata.
Solo la conversione, ai miei occhi, ha fatto di lui un uomo, in fondo, con una statura tale da raggiungere grandezza terrena e disegni di gloria memorabili.
È vero, anche se i francesi forse lo idolatrano in un modo troppo sfacciato: la “grandeur” non l’ho mai digerita senza bisogno di Alca Seltzer.
Comunque e chiunque sia stato, la chiudo alla Manzoni, pensando che ognuno di noi sia pervaso, ricordando Napoleone Bonaparte, dalla dicotomia d’inenstinguibil odio e d’indomato amor : “ Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, di quel securo fulmine tenea dietro al baleno” .
Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.
ANTONIO PELLACARPI