Massimo Recalcati, ieri 8 giugno in Piazza Santo Stefano a Bologna, ha partecipato al festival “Repubblica delle Idee”. Festival patrocinato dal quotidiano nazionale “la Repubblica”.

Logo del Festival “La Repubblica delle idee”
Il tema analizzato da Recalcati è stato quello di provare a pensare quale possa essere il futuro dei figli (o per meglio dire giovani) che sono rimasti indietro, che rimangono indietro, quale possa essere il futuro delle vite (dei figli) più smarrite, quelle vite che sono in ritardo.

Massimo Recalcati
La domanda da cui è partita la conferenza è stata: “esiste un denominatore comune per tutti i sintomi contemporanei che affliggono i giovani”?
Esiste, e questo denominatore possiamo definirlo come la fatica di desiderare. L’analisi che conduce Recalcati è appunto quella di evidenziare come manchi un desiderio, un tratto inaudito del nostro tempo: l’età della giovinezza, che dovrebbe essere l’età in cui l’espressione di vita è massima, in cui la vita respira, in cui ci dovrebbe essere curiosità di viaggio, di sperimentazione, in cui la vita è in primavera… è in realtà senza desiderio. Molti figli (giovani), fanno fatica a desiderare: sono vite senza desiderio. Il focus di questa brillante analisi della società giovanile iper-moderna è proprio quanto appena descritto. Il fenomeno della depressione, infatti ad oggi investe soprattutto vite giovani (patologia psichiatrica tipica invece dell’età più avanzata).
Ma cos’è quindi la depressione?
È il fatto che la vita non è viva, non è accesa: è vita biologicamente viva ma senza prospettiva, senza futuro. La vita del depresso non conosce futuro perché reputa tutto già come successo. La mente di un depresso è come una stazione ferroviaria dove non passano da anni più treni: questo ricorda l’apatia dei giovani rimasti indietro che fanno fatica a desiderare, ad avere passioni o vocazioni, a rimanere accesi. Questa riflessione è il nucleo duro della questione, è il risultato di una concezione che non è propria di un singolo, ma di un’intera collettività: se si banalizza la vita, a tal punto da considerarla come un computer, la vita stessa avrà modo nel suo trascorrere di mettere in luce la fragilità di questo (non)pensiero.
Perché tra i giovani d’oggi c’è fatica nel “desiderare“?
La risposta che è data da Recalcati è che c’è stata una progressiva metamorfosi dall’esperienza della mancanza, all’esperienza del vuoto. Vi è quindi un sostanziale mescolamento tra due concetti, o per meglio dire esperienze che sono totalmente diverse.

“Sulla soglia dell’eternità”, Vincent Van Gogh
La mancanza presuppone un desiderio, una ricerca, un viaggio che si vuole intraprendere. Come detto poche righe fa: è il desiderio che viene a mancare… questo perché non c’è più l’esperienza della mancanza. Pensando a due amanti che non si vedono da tempo, la prima domanda che si pongono è: “ti sono mancato?”. Questo a testimonianza del fatto che la mancanza non è altro che un preludio al desiderio. È importante definire ciò perché si desidera quello che ci manca, senza mancanza quindi non c’è progetto, non c’è futuro, non c’è viaggio.
Il vuoto invece è tutt’altra esperienza. Il vuoto presuppone un elemento che lo colma: è totalmente diverso dal concetto di mancanza perché non ha come risultato un desiderio.
Perché c’è stata questa metamorfosi? Perché non c’è più espressione di potere. O meglio, non c’è più la percezione del potere inteso come un limite reale che frena l’individuo e che allo stesso tempo gli fa desiderare il proibito.
Il figlio quindi non ha freni, non ha limiti, non ha mancanze ma solo vuoti da riempire. Questo perché il giovane non fa esperienza della mancanza.

Libro: “Il complesso di Telemaco”.
C’è un però… prendendo ad esempio la figura di TELEMACO, c’è una parte di questi giovani “rimasti indietro” che ricerca invece la mancanza, ovvero ricerca il potere. Telemaco decide di cercare attivamente Ulisse, decide di andare a cercare quel potere e limite che è stato troppo tempo lontano da Itaca. Il problema è che è il potere e quindi il limite a non palesarsi e a far vivere in un senso di angoscia il figlio.
La scuola in questo senso dovrebbe essere quindi promotrice di insegnare alla ricerca del desiderio, dovrebbe instillare il concetto di mancanza nelle giovani menti. Bisognerebbe riformare la scuola quindi in modo serio e pensato: le lavagne LIM, i Test invalsi, la digitalizzazione, colmano vuoti, ma non instillano mancanze.
Edoardo Cappellari