Dal recente forum tenutosi a Cernobbio da The European House – Ambrosetti è emerso che il problema che affligge l’economia italiana è la carenza di capacità produttiva.
Come dar torto a questo lapidario commento? In nessun modo.
Si può però spostare lo sguardo e analizzare non solo ciò che concerne la capacità produttiva (certamente in forte ritardo) ma anche cosa succede dal punto di vista della domanda: in Italia vi è una caduta ormai decennale della domanda aggregata. Tradotto: in Italia stanno calando tendenzialmente i consumi e gli investimenti pubblici e privati.

Dati Istat
Sembra che questo non sia di particolare interesse nei dibattiti economici istituzionali, invece a parere di chi scrive è il punto centrale per iniziare un’analisi seria ed approfondita sulle cause intrinseche di questo continuo “mancato decollo” dell’economia italiana del XXI secolo. Qual è la ricetta che in molti auspicano (in primis Carlo Cottarelli, ormai un divo da palcoscenico) per contrastare il debito pubblico italiano? È l’AUSTERITÀ. L’austerità non è altro che la riduzione di spesa pubblica corrente che si compone principalmente di redditi da lavoro (i famosi statali), di spesa per beni o servizi, di prestazioni sociali e di pensioni. L’austerità prevede quindi i famosi tagli: la tanto odiata legge Fornero ne è l’esempio più lampante.

Elsa Fornero
La politica dell’Austerity (fa più figo dirlo in inglese) però, ha come problema quello di non avere effetti certi, sicuri e conclamati. Il secondo problema di queste manovre molto care ai tecnici è che non guardano in faccia a nessuno: le persone non esistono, esistono solo i numeri.
Ora, lungi da me non prendere in considerazione gli enormi sprechi perpetuati all’interno dello Stato Italia: ormai non fa nemmeno più nessun effetto ricordare i 30.000 forestali siciliani. Scherzando si potrebbe dire che il bambino siciliano medio sogna di fare il forestale e non il calciatore. Sono purtroppo tutti dati veri.
Siamo però così sicuri che la soluzione ottimale (termine che piace molto agli economisti) sia quello di tagliare la spesa pubblica corrente? Che ci siano dei tagli da fare è imprescindibile, come sopra menzionato, ma è giusto anche ricordare che da 20 anni a questa parte L’ITALIA HA UN SALDO PRIMARIO POSITIVO: significa che ha maggiori entrate rispetto alle spese. Quello che distrugge il bilancio statale è l’interesse passivo sul debito.
Premesso questo, bisognerebbe ridefinire come pagare l’enorme interesse che vi è sul debito.
Perché allora l’Italia è sempre un fanalino di coda di quest’Europa che ha fondato?
Ora, visto che in Italia è sempre andato di moda lo scarica barile, è troppo facile ridurre il tutto a quanto detto a Piazza Pulita il 28 marzo scorso da Steve Bannon ex capo stratega della Casa Bianca: “il problema del vostro fantastico paese è che non ha avuto crescita economia negli scorsi 20 anni e non per colpa del popolo italiano ma perché siete imprigionati in un sistema[..]. Bruxells e Francoforte hanno contribuito alla caduta della economia italiana [..]. Questo Paese dovrebbe essere a capo dell’economia europea e invece subisce una diaspora di tutti quei giovani che se ne vanno dall’Italia per colpa delle istituzioni europee, etc.”

Steve Bannon
Tralasciando chi sia Steve Bannon (e di cose ce ne sarebbero da dire), basti solo sapere che è il maggior sostenitore dei vari populismi e sovranismi europei. Non bisogna cadere nel tranello: non è sostenitore delle singole cause, ma del fatto che l’Europa divisa è più debole anche agli occhi degli Stati Uniti. Senza dilungarsi troppo: sono vere le cose che dice?
L’ITALIA NON CRESCE PER COLPA DELL’UNIONE EUROPEA?

Dati Istat
Il confronto tra il tasso di crescita del bel paese e quello degli altri 18 paesi che costituiscono oggi l’eurozona è degno di nota. Si tratta di stati che hanno la stessa politica monetaria, lo stesso tasso di cambio, la stessa politica commerciale, gli stessi vincoli di bilancio, e che devono tutti rispettare il quadro legislativo europeo.
Il tasso di crescita medio del resto dell’eurozona in questo lungo periodo è stato di circa l’1.8 per cento, mentre quello italiano è solo dello 0.8 per cento.
PERCHÉ L’ITALIA NON CRESCE?
Ci sono sicuramente cause esogene come il “sistema Europa” stesso, ma soprattutto cause endogene che non vengono mai citate dai leader politici perché di difficile risoluzione.
Per citarne alcune, il rapporto della Banca Mondiale “Doing Business” del 2019 ne esplicita alcuni:

Rapporto “Doing Business”
- Su 190 Stati esaminati, siamo al 51esimo posto per quanto riguarda la facilità di fare affari.
- Su 190 stati esaminati siamo al 67esimo posto per quanto riguarda la facilità di avviare un’impresa.
- Siamo al 104esimo posto per la facilità nell’ottenere le licenze edilizie (nella metà bassa della classifica a livello mondiale)
- Siamo al 111esimo posto per funzionamento della giustizia civile,
- Siamo al 112esimo posto nella disponibilità di credito.
- Dulcis in fundo (ma il menù sarebbe ancora molto lungo) nella facilità del pagare le tasse siamo al 118esimo posto.

Dati di “Doing Business”
Ebbene queste sono le cause interne del perché in Italia non si investe! Ripeto: nel dibattito pubblico queste cause sono poco menzionate. Porta sicuramente più voti sbraitare che viviamo in un Paese più sicuro perché il Mohamed di turno è stato preso e messo in galera.
Sulla difficoltà nel pagare le tasse mi viene da sottolineare un’ultima cosa: in Italia non solo è difficile proceduralmente pagare le tasse ma vi è anche una penuria lampante di pagatori. Nel Bel Paese le tasse non si pagano un po’ per cultura ma soprattutto anche perché non vi è di fatto una punizione congrua. La mancata certezza della pena in Italia non è per niente uno slogan populista: solo in alcuni casi più rari è previsto il carcere e con la prescrizione di mezzo è quasi impossibile da realizzare.
Pensiamo davvero che questi dati non li sappiano i grandi investitori? Vi sono due risvolti: il primo è che le tasse in Italia sono alte anche per colpa dei numerosi evasori. Seconda cosa: non avere certezza della pena, significa spaventare maggiormente un investitore estero ad esportare ricchezza nel nostro paese, dal momento che non ha tutele normative.
In Italia si ruba e “nessuno” viene punito.
In Germania coloro che hanno commesso reati da “colletti bianchi” sulla totalità dei detenuti sono il 13%, in Italia lo 0,6%.
Siamo sicuri che in Germania evadano di più? O forse è che in Italia vengono presi meno evasori?
EDOARDO CAPPELLARI