“Sì, viaggiare /Evitando le buche più dure /Senza per questo cadere nelle tue paure / Gentilmente senza fumo con amore /Dolcemente viaggiare /Rallentando per poi accelerare [..]”

Copertina dell’Album “Io tu noi tutti” pubblicato nel 1977
Così recita la prima parte del ritornello di “Sì, Viaggiare”, canzone cantata dal grande Lucio Battisti pubblicata per la prima volta nel marzo del 1977.
Il VIAGGIO, un sostantivo interpretabile nei modi più disparati: il viaggio può essere pindarico, interiore, fisico, introspettivo, psichedelico. Pensiamo allo scrittore Salgari che dalla sua Verona immaginava i tesori d’oriente, Magellano a cui è intitolato il famoso stretto, Colombo scopritore delle Americhe, Sigmund Freud fondatore della psicoanalisi, il viaggio per antonomasia. Questo potrebbe essere solo l’incipit di un libro che partirebbe parlando dei viaggi esplorativi delle più antiche civiltà umane, passando ai viaggi introspettivi delle anime più tormentate per terminare poi con le missioni spaziali odierne.
Possiamo parlare del viaggio come la curiosità che smuove le nostre coscienze nella costante ricerca di un qualcosa?
Beh, direi proprio di sì.
Mi trovo quasi in imbarazzo ad esprimere un’emozione così profonda che deriva da un’esperienza di vita diretta. Il viaggio secondo me è un ritrovare se stessi, o meglio conoscere se stessi.

Tramonto sul Monte Adone
Come già preannunciato non bisogna confondere il sostantivo viaggio immaginandosi l’agenzia turistica che propone pacchetti per girare il mondo a prezzi vantaggiosi. Il viaggio è un infinito divenire che è nella vita di tutti noi ed in primis parte dalla voglia di esplorarsi.
Personalmente nella mia breve esistenza ho avuto la fortuna di intraprendere esperienze che mi hanno formato, che mi hanno eccitato, motivato, commosso, fortemente deluso.
Sono cresciuto.
Ecco la mia personale definizione di viaggio è proprio questa: crescere. Ormai accecati da questa vita effimera che ci viene proposta quotidianamente da televisione e social network vari, non abbiamo più la capacità di prenderci del tempo per cercare nel nostro profondo quello che siamo veramente e che ci serve per crescere.
Scrivo queste poche righe seduto nel mio soggiorno con le ginocchia doloranti perché appunto tornato da un viaggio svolto totalmente a piedi e quindi faticoso (almeno per me): il cammino degli Dei, attraversando l’Appennino da Bologna a Firenze.

Confine tra Emilia-Romagna e Toscana
Mi fa personalmente sempre riflettere molto l’idea che gli stessi luoghi, gli stessi alberi abbiano visto migliaia (se non milioni) di persone che per i motivi più disparati hanno nel corso della storia calcato quella terra scoscesa. Dalla via Flaminia Militare costruita per scopi di controllo del territorio intorno al 200 a.C. o ai pellegrini di passaggio per ragioni religiose e commerciali, o i numerosi ragazzi e ragazze che hanno voluto mettere alla prova loro stessi.
Al di là delle mere considerazioni in merito ai posti visitati e i territori attraversati intrisi di storia, sono stato preso da altri pensieri.
Innanzitutto, ho avuto la possibilità di riscoprire un amico: banalmente gli amici sono una delle tante cose che si danno per scontate ed è questo l’errore più grosso che si può commettere.
Ho riscoperto un amico con il quale sono cresciuto e ho condiviso quasi tutti i momenti più importanti della mia vita. Sì, senza frenesie, sballo, alcool: io, lui e il bosco. La cosa più bella che si può fare con un amico è parlare. Inoltre, ho avuto anche se per poco tempo la possibilità di parlare e condividere momenti di vita con delle belle persone che mi lasceranno comunque un ricordo positivo.

Monte Adone
Fa bene allo spirito confrontare il proprio pensiero con persone che sono fuori dalla propria cerchia di conoscenze, stimola al confronto. Quindi il secondo significato che attribuisco alla parola viaggio è condivisione. Cos’è la felicità se non la condivisione di momenti con persone a cui vuoi bene?
Per quanto riguarda il percorso che si intraprende bisogna a mio avviso però tenere in mente un punto fondamentale: ogni singolo viaggio è finito, chiuso. Questo significa che bisogna fare tesoro di ogni esperienza avendo molto chiaro che è necessario viaggiare per trovare una quadratura nella propria routine. Viviamo quindi un grande viaggio che è fatto di tante tappe e sono proprie quest’ultime le cose più importanti che rafforzano la vita. È quando si è fermi che si capisce meglio la realtà che ci circonda, che si assapora il ricordo delle cose belle, che ci si rende conto di quanto fatto fino ad ora, che si apprezza ogni goccia versata (anche metaforicamente).
Non dobbiamo avere la pretesa di essere in continuo movimento: quello non è viaggiare, non significa crescere ma semplicemente scappare. Scappare dal demone che tutti noi abbiamo dentro e che ci tormenta ed è solo fermandosi e affrontandolo che si conquista la pace interiore.

Viandante sul Mare di Nebbia, Friedrich
Non banalizziamo, è quasi un’utopia ma l’utopia è positiva perché segna la strada da percorrere anche se la meta non la si raggiunge mai. È un percorso difficilissimo come scalare una catena montuosa: piena di sali e scendi. Nei momenti duri di salita però è bene sempre ricordare: ma se la salita è stata così dura quanto mi godrò questa sofferta discesa?
Mi sento di concludere con una frase di un grande pensatore, Voltaire, che probabilmente mi sarà rimasta in testa perché letta su un segnalibro alla Feltrinelli: “È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria”.
EDOARDO CAPPELLARI
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