L’Italia è sinonimo di piccolo, piccolo e bello.
Così come nell’industria e nell’economia allo stesso tempo è permeata di piccoli centri comunitari che fungono da prima o seconda Istituzione nella vita di ogni italiano. Le famiglie che di fatto nel Bel Paese sono piccole comunità sono alla stregua dei comuni, circa 8000 sparpagliati lungo tutto il territorio.

Fonte: elaborazione Centro Documentazione e Studi Anci-Ifel su dati Ministero di agricoltura, industria e commercio ed Istat
L’Italia dei comuni, dei piccoli centri, delle piccole comunità locali: l’Italia campanilista.
Il campanilismo è infatti uno dei fattori che più portano eterogeneità nel nostro piccolo grande Stato ormai periferia d’Europa.
Tutti gli italiani salvo coloro che vivono nelle grandi città (che così grandi non sono se paragonate ad altre realtà estere) sono cresciuti con l’idea in testa del “piccolo e bello”. Richiama l’immagine della comunità felice, in armonia, della famiglia “Mulino Bianco”: nessun imprevisto, nessuna novità e uno status quo pervasivo. Il tutto per un periodo di tempo verosimilmente quinquennale.
Le elezioni comunali però sradicano il cittadino dalla noia quotidiana e lo proiettano nella febbricitante campagna elettorale localista. Non c’è niente di più sano della politica in piccolo: gli amministratori non hanno scheletri nell’armadio da nascondere e tutti hanno in mente il bene del paese che in linea teorica dovrebbe coincidere con quello dei suoi abitanti.
La piccola elezione incarna uno degli aspetti più veri e funzionali che appartengono ad una sana democrazia: non si interpone quel velo di supponenza e distacco presente nella grande amministrazione. È probabile che un paesano si ritrovi come vicino di casa il neocandidato sindaco o che al baretto del Paese si discuta animatamente con il primo cittadino di determinate politiche adottate negli anni.
Nella piccola comunità si impara la democrazia.
L’aspetto negativo però è che spesso, tralasciando il grave debito che grava sulle spalle di tutte le amministrazioni comunali d’Italia, viene protratta una politica stantia: un po’ per inesperienza, un po’ per paura e spesso per chiusura (politica e mentale). Le elezioni comunali dei piccoli centri infatti, sono simili alle elezioni dell’amministratore condominiale: tutti i condomini si conoscono da una vita e all’unisono pensano solo al proprio stabile, al massimo mettono fuori timidamente il naso dalla propria finestra per guardare lo straniero che passa nel quartiere.
Nella maggior parte delle volte il territorio non è visto come un unicum di cui tutti fanno parte ma come un contenitore di tante realtà sfaccettate. Non si valorizza quindi l’indotto paesaggistico, culturale e artistico che solo l’unione delle singole componenti potrebbe far emergere.
Il risultato della politica campanilista è una perdita comunitaria: non si sfrutta ad esempio il territorio perché non si capisce di fatto cosa chiede la domanda di mercato. In sintesi, non si riesce ad attrarre una quota turismo ingente perché non si conosce cosa chiede quest’ultima.
Per citare un esempio concreto: l’appennino bolognese è immerso in una realtà ricca e florida sia dal punto di vista paesaggistico, sia dalla vicinanza ad altre province virtuose come quelle di Firenze, Prato e Pistoia.

Confini regionali
Perché i fasti degli anni passati “non vanno più così di moda”?
Perché non si riesce a canalizzare una domanda turistica in modo tale che la ricchezza portata da quest’ultima si sedimenti sul territorio?
Perché c’è uno spopolamento progressivo dovuto alla mancanza di lavoro che tanto era collegato al turismo?
Piccola considerazione: i meri dati statistici e asettici non hanno la chiave di risoluzione di tutti i problemi ma sicuramente forniscono una chiave di lettura che spesso è ignorata.
La più recente analisi condotta dall’ Istituto Nazionale Ricerche Turistiche ha elaborato una serie di dati in merito alle migrazioni turistiche che possono servire da aiuto a tutti quei possibili futuri amministratori dei paesi interessati (altre analisi in merito possono servire a tutti gli amministratori locali d’Italia).

Istituto Nazionale Ricerche Turistiche
Per quanto riguarda solo la zona appenninica in provincia di Bologna, le presenze annue sul territorio sono di circa 360.000 persone. Un dato significativo per una zona non così estremamente estesa. Un secondo dato che balza subito all’attenzione è la strutturazione dell’offerta ricettiva: sono quasi il doppio le strutture alberghiere rispetto a quelle extra alberghiere (es. Camping, Ostelli, etc.). Di primo impatto potrebbe sembrare un dato insignificante ma ad un occhio più attento può risultare il contrario.
Gli appennini bolognesi, data la geografia del territorio, catturano una forte componente di turismo “sportivo”: cammini, percorsi naturalistici ed esperienze nella natura sono tra le attività predilette. Sempre secondo gli studi ISNART, la richiesta avanzata dai giovani e dalle famiglie è di poter scegliere un soggiorno itinerante, con la visita di più località comprese nell’area appenninica e la proposta di pacchetti combinati. A questo proposito il 18 maggio prossimo verrà inaugurata la “Via Mater Dei”, cammino che collega i principali santuari mariani dell’Appennino Bolognese. Circa 135 km da percorrere a piedi in 6 tappe, da Bologna alle cime dell’Appennino bolognese, attraversando 9 comuni e 10 santuari. Le strutture extra alberghiere per questo tipo di attività dovrebbero essere potenziate data la tipologia di domanda turistica.
Un altro punto su cui riflettere è la presenza massiccia di turisti italiani: 300.000 contro 60.000 stranieri. Bisogna quindi rivolgersi ad una platea turistica che è conosciuta visto che si gioca in casa.
L’offerta turistica inoltre, come tutto il resto del territorio nazionale, deve “svecchiarsi” e allo stesso tempo conciliare platee differenti: vi è un dato che accomuna sia i giovani che gli anziani e si riferisce alla richiesta di maggiore disponibilità dei servizi pubblici e più agili collegamenti.
Un altro aspetto di vitale importanza è la digitalizzazione e il marketing: deve essere alla base di tutto il servizio turistico che si cerca di strutturare. Basti pensare che il 54% degli intervistati ha risposto di essere venuto a conoscenza del territorio grazie a notizie raccolte da amici e parenti.
Questa è solo una piccola estrapolazione di dati contenuti nel rapporto da cui si potrebbero costruire analisi più accurate e su cui fondare un vero e proprio progetto.
Un ultimo spassionato consiglio a tutti i candidati sindaci di tutti i paesini d’Italia: pensate in grande e fatelo soprattutto pensando alla generazione futura.
Apritevi al nuovo, all’idea diversa, a noi giovani. Con la speranza che si rilanci l’economia di paesi sì piccoli ma che rappresentano un mondo per coloro che ci vivono.
EDOARDO CAPPELLARI