La Sicilia è un posto magico che ti rimane dentro.
Vidi per la prima volta la Sicilia da piccolo, con i miei genitori. Avete presente le classiche vacanze in famiglia, quando si è bambini, dove tutti i posti sembrano uguali? Ecco, fu proprio così. Non so come abbiano fatto i “Miei” a sopportarmi con tutti i piagnistei che feci durante le visite guidate: a me che me ne fregava dei templi!?! Eppure, nonostante non ricordi quasi niente di quel viaggio ormai così lontano nella mia memoria, penso che abbia contribuito ad imprimere in me una sorta di tatuaggio di una terra lontana geograficamente da casa mia ma vicina nel mio cuore. Non fu un caso che ci ritornai.

La mia storia con la Sicilia ripartii molti anni dopo, all’età di diciotto anni. Partecipai ad un’esperienza alquanto particolare e profonda organizzata dalla Parrocchia di un paesino della provincia mantovana, dove ho trascorso tutta la mia infanzia e giovinezza. Fummo ospitati a Baucina, vicino a Palermo, nella comunità fondata da Don Turturro. La mattina davamo una mano al muratore locale per contribuire ad ampliare una parte di struttura dove risiedevamo e il pomeriggio/ sera eravamo liberi di esplorare i dintorni. Tra tutte le cose che facemmo una più di tutte mi rimase impressa: l’incontro con Biagio Conte (https://it.wikipedia.org/wiki/Biagio_Conte_(missionario)) un missionario laico che ha contribuito a fondare una delle comunità di accoglienza profughi più grandi della Sicilia in una vecchia sede militare ormai in disuso da anni. Sembrerà strano ma quello che ricordo più vividamente ancora oggi di quella bellissima esperienza di vita furono gli occhi glaciali di Biagio: un azzurro che ti colpiva, una luce diversa. Era come se avesse un bagliore nelle pupille talmente forte da non riuscire a sostenere il suo sguardo mentre ti parlava. Si capiva che lui a differenza nostra “aveva qualcosa in più”, non solo la luce. Una gioia e una semplicità che mi hanno davvero disarmato. Due occhi che non scorderò mai. Durante la mia “seconda volta siciliana” rimasi estasiato da tutte le emozioni che quella terra in sapor d’Africa mi lasciò. Sapevo che non si trattava semplicemente di un’esperienza fine a se stessa ma che era solo l’inizio di un grande viaggio. Da quel momento in poi sentii e tutt’ora sento un legame molto particolare e oserei dire forte con la Sicilia.
Noto Cefalù Duomo di Catania
Non è un caso infatti che nella mia vita sia venuto in contatto con numerosi siciliani: non so, è un po’ come se li ricercassi o attraessi inconsciamente. Persone totalmente diverse da me, ravennate di natali e mantovano d’adozione, eppure tanto vicine. Del resto, però, come mi ha fatto notare l’amico Claudio, la planimetria dell’Emilia-Romagna se ci pensiamo bene ricorda un po’ la Sicilia. Inoltre, se confrontiamo i numerosi mosaici siculi, possiamo osservare come non si discostino per niente da quelli ravennati: l’influenza bizantina è stata la stessa! Saranno accostamenti molto forzati ma in un certo senso proprio per quest’ultimi mi sono sentito a casa.
Sono tornato in Sicilia per la terza volta all’età di 24 anni. Una persona totalmente diversa rispetto a quando appena maggiorenne: sicuramente più riflessiva e meno dogmatica. Ritorno in una terra che in cuor mio non avevo mai lasciato. Mi ricordavo gli odori, i sapori, le persone. Un’esperienza a tutto tondo che grazie all’ospitalità di due amici si è trasformata nell’ennesima conferma che la Sicilia per me non è solo un luogo di vacanza. La Sicilia per me è qualche cosa di più. Un accostamento forte lo so, ma che ci posso fare? Si dice che al “cuor non si comanda”.

Sono stato ospitato da due amici, Costanza e Claudio, tutti e due risiedenti al centro. <<Che sfiga!!>>, potreste pensare voi. Invece no. Penso che questo sia stato il punto di forza. In primis, perché l’entroterra siculo è ovviamente quello meno conosciuto da noi turisti del nord in cerca del mare “caraibico”. In secondo luogo, perché questo mi ha permesso di essere in una posizione strategica per visitare tutti i versanti: dalla costa palermitana a quella catanese e agrigentina.
Che meraviglie, che paesaggi, che luoghi! Questa terza volta ho davvero girato tanto e visitato ancor di più. È davvero stata una vacanza volta alla scoperta della storia italica, del buon cibo e dello stare insieme. Per quanto riguarda la scoperta, sono rimasto davvero impressionato dalla vastità di monumenti e siti archeologici presenti in regione. Noto con la sua maestosa e armoniosa architettura, la grigia Catania costruita con la pietra lavica dell’Etna, Cefalù con i suoi scorci sul mare. Taormina, Isola Bella, Fontane Bianche, la Scala dei Turchi. I miei occhi hanno davvero immortalato la bellezza per antonomasia. La Sicilia infatti è la regione italiana e quindi del mondo con più siti appartenenti al patrimonio Unesco. Scriverlo è facile, ma rendersene conto di persona è tutt’altra storia. Proprio camminando nella Valle dei Templi, assorto in una delle classiche conversazioni che quei posti ti suscitano mi sono addirittura arrabbiato.
Noto Scala dei Turchi Valle dei Templi, Agrigento Teatro Greco, Taormina
Ma possibile che una terra che ai tempi della Magna Grecia era centro commerciale, culla di pensiero e di arte sia ora la ruota di scorta del mondo europeo?!!? Questa rabbia mi viene in quanto italiano ed innamorato in toto di tutto il nostro patrimonio: da Bolzano fino a Canicattì. Mi fa rabbia perché capisco la delusione di tutti quei miei coetanei costretti a scappare da una terra che avrebbe da offrire loro migliaia di opportunità e che invece è chiusa in un circolo vizioso di malaffare e opportunismo. Con questo non voglio fare il generalista e il qualunquista. Penso che però, oltre ai numerosissimi problemi politici e storici che ha vissuto la regione, ci sia qualcosa di sbagliato in una parte di popolazione: lamentarsi della mancanza di Stato osannando l’uomo forte o il malaffare locale non è la soluzione giusta. Mi fa male perché non è giusto per nessuno di noi. È un discorso molto complesso che non voglio ulteriormente svilire perché non è questo il momento e la sede dove parlarne. Problemi grandi non richiedono soluzioni semplici ed immediate a discapito di quanto detto da qualche Capitano. Capisco quindi il senso di rivalsa e un po’ di invidia che molti miei amici avevano appena emigrati a Bologna.

Sul buon cibo penso che qualsiasi parola sarebbe inutile: sottolineo solo che tra arancini, cannoli, pasta alla norma e altri vari sughi, caponate, pane e panelle, granite e chi più ne ha più ne metta, sono riuscito a prendere 3 kg in 10 giorni. Praticamente gli addominali da quarantena sono durati giusto il tempo di mettere giù il piede dall’aereo. Ma chissene frega!


Infine, sullo stare insieme. Lo ripeterò fino alla nausea: la felicità è condivisione. Se poi la condivisione è tra persone che si vogliono bene allora è fatta. Cosa si vuole di più dalla vita?
Sono stato bene, trattato da Re e coccolato in ogni forma. Siate curiosi di conoscere persone nuove e all’apparenza molto diverse da voi: scoprirete che tutte queste differenze non ci sono e che si può avere punti di incontro su aspetti inimmaginabili. Avere degli amici veri significa questo.
La Sicilia è una terra da visitare, da amare, da assaporare. La Sicilia è bella come i siciliani:
Il popolo siciliano è un popolo forte, generoso, intelligente. Il popolo siciliano è il figlio di almeno tre civiltà: la civiltà greca, la civiltà araba e la civiltà spagnola. È ricco di intelligenza questo popolo. Quindi non deve essere confuso con questa minoranza che è la mafia. È un bubbone che si è creato su un corpo sano.
Sandro Pertini
Grazie di cuore, sarà l’ennesimo bel ricordo di cui farò tesoro. Sono anche queste le cose che contribuiscono a rendere bella la vita.
EDOARDO CAPPELLARI