Uno dei temi caldi di questi ultimi mesi è stato sicuramente correlato all’argomento “droga”.
E’ notizia di qualche settimana fa che il referendum indetto per la liberalizzazione della cannabis abbia raggiunto la soglia minima per essere sottoposto a giudizio delle corti di Cassazione e Costituzionale. Non è un dato sorprendente ma semplicemente un’ovvietà che molta classe politica ha paura di affrontare. O meglio, non ha l’autorevolezza e la capacità di assumersi la responsabilità dal punto di vista politico e culturale per abbattere un muro di pregiudizi eretto da ormai troppi anni. Sulla cannabis si dicono spesso falsità che non sono nemmeno supportate dal mondo scientifico arrivando a paragonare gli effetti ed il tipo di assuefazione alle droghe più pesanti come eroina, cocaina e pasticche varie. In realtà la questione, come tutte le altre, dovrebbe a mio avviso essere affrontata da due punti di vista sostanziali.
Il primo è che per parlare di un argomento così delicato non si dovrebbe dare adito a credenze personali e miti popolari protratti nel tempo da uno specifico gruppo sociale. Il secondo, di stretta correlazione con il primo, è quello di fare un’analisi seria e comparata di cosa voglia dire legalizzare l’uso e la vendita di una sostanza demonizzata da sempre come la Marjuana.
Partendo dal primo quesito una bella domanda da porsi sarebbe: perché c’è vena di proibizionismo nei confronti dell’erba e non nel consumo di alcol e tabacco?

Come scritto nel magazine Fondazione Umberto Veronesi – per il progresso delle scienze la normalizzazione sociale nei confronti del consumo di alcol fa sì che su 35 milioni di consumatori di bevande alcoliche più di 8,6 milioni di persone sono consumatori a rischio e tra questi ci sono circa ottocentomila minori. Ora si potrebbe disquisire a lungo sugli effetti medici e non è di certo questa la sede per farlo. Vorrei invece soffermarmi sul titolo provocatorio di questo mio articolo che è la sintesi estrema di quello su cui vorrei far riflettere i miei pochi lettori.
In fin dei conti nella nostra società moderna, chi non è drogato? Pensate che la droga da videogiochi sia meno pericolosa (soprattutto nei minori)? Che le droghe da sesso o ludopatia siano più lievi nei loro effetti? Che l’abuso di sostanze alcolemiche sia sempre e solo riconducibile alla bravata in compagnia? Che il denaro non sia una droga? Che l’astinenza da fumo (assenza di sigarette per un fumatore incallito) non sia un problema?

Vorrei capire da dove proviene il senso di orrore che si attanaglia nei vari proibizionisti d’Italia quando sentono pronunciare la frase :
"liberalizziamo le droghe leggere".
Eppure come riportato da vari giornali, tra cui Lavoce.info (autorevole giornale di economia), i benefici derivanti da una legalizzazione della Marjuana dovrebbero sulla carta convincere tutti nella buona idea di fondo:
1. Le casse statali ne beneficerebbero: si stima infatti che il traffico di stupefacenti si attesti intorno ai 10,5 miliardi. Nel caso in cui si legalizzasse si avrebbe un’ottima ricaduta per i conti pubblici che permetterebbe di aumentare la nostra capacità di spesa annuale.
2. In secondo luogo, come segnala la Direzione Nazionale Antimafia, sarebbe una vera e propria spallata al narco traffico e all’attività mafiosa in generale. Permetterebbe di togliere una fetta di mercato alle attività criminose riducendogli la liquidità.
Tralasciando le fonti bibliografiche autorevoli, in questo caso bisogna spezzare una lancia a favore del compianto Marco Pannella: precursore per quanto riguarda l’introduzione di numerose tematiche “scottanti” nel dibattito pubblico.
I Radicali sono di fatto stati gli unici ad aver introdotto determinati temi nella prima Repubblica che mai gli altri partiti avrebbero osato solo nominare. Tra i tanti uno era proprio la depenalizzazione del consumo di cannabinoidi. Eppure, il partito da 4% padre dei due referendum più importanti della storia repubblicana (aborto e divorzio), non è riuscito ad introdurre ufficialmente l’argomento droga nell’agenda pubblica. Forse perché da questo punto di vista vige ancora un velo di perbenismo che non vuole mostrare la faccia drogata del nostro Bel Paese.
Ritorniamo alla domanda di incipit di questo breve articolo: perché persiste un pensiero proibizionista nei confronti dell’erba e non nel consumo di alcol e tabacco?
Personalmente non so dare una risposta.
EDOARDO CAPPELLARI